martedì 15 dicembre 2015

Ma ora è il tempo della tenerezza.

Premessa: so che questo post potrebbe suonare come una sorta di bilancio dell'anno che sta per finire. Non è nelle mie intenzioni fare una cosa del genere, ma se capiterà, va bene lo stesso.

Scrivo senza essere stato sollecitato da avvenimenti particolari, per una volta. Scrivo perché il groviglio di pensieri sociologici/filosofici/teologici che ho in testa mi chiede di provare a mettere un po' d'ordine (anche se l'impresa è ardua, e non so quanto in effetti sarà possibile compierla).
Prendendo in prestito le parole di Papa Francesco a conclusione del Convegno Ecclesiale di Firenze, si può dire che "non siamo tanto in un'epoca di cambiamenti, quanto in un cambiamento d'epoca". E i segnali di questo cambiamento d'epoca colpiscono, destabilizzano, infastidiscono, danno speranza, impauriscono, spalancano l'infinito. Tutte queste cose insieme.

Siamo davanti a sfuriate di terrorismo spaventose, a bombe lanciate sulla Siria, a ondate di migranti che cercano salvezza, a ondate di xenofobi che cercano Salvini.

Siamo davanti a fotografie di animali proiettate sulla Basilica di San Pietro, a gente infastidita dagli animali sulla Basilica di San Pietro (quasi che la Creazione non comprenda anche gli animali), a gente in estasi per gli animali sulla Basilica di San Pietro, a gente indifferente per gli animali sulla Basilica di San Pietro.

Siamo davanti a ipotetiche teorie gender, a reali gender studies, a Sentinelle rigidamente in piedi, ad associazioni LGBT rigidamente ferme sulla rivendicazione dei diritti (ma siamo proprio sicuri che tutti i diritti rivendicati siano realmente diritti?).

Siamo davanti a presepi che infastidiscono le persone (!) e a presepi che vengono usati come spade contro altre persone (!!).

Siamo davanti a cardinali rigidi come pali della luce, rimasti fermi al 1500, e a monsignori che fanno "outing" pretendendo di mantenere sacerdozio e compagno così, come se nulla fosse.

Siamo davanti a straordinari Sinodi sulla famiglia e ad altrettanto straordinari Convegni Ecclesiali.

Siamo davanti a una politicante che critica un prete per il suo modo di vestire a Ballarò, salvo poi vestirsi a sua volta da Arbre Magique alla prima della Scala di Milano.

E in tutto questo caos, siamo davanti a un Papa che indice un Giubileo straordinario, e si permette di chiamarlo "Giubileo della Misericordia". E caspita, mi sa che ha ragione lui, perché se c'è una cosa di cui questo povero mondo ha bisogno è proprio la misericordia. Che non è solo ed esclusivamente il perdono dei peccati, come già qualche "addetto ai lavori" sta cercando di lasciar intendere. Sarebbe un po' pochino ridurre la misericordia a quello, come se i nostri peccati fossero la cosa più importante. No, la misericordia è qualcosina di più, e credo che innanzitutto parta da un atteggiamento da assumere. Da uno stile, se vogliamo. Dalla tenerezza, come dice il Papa.

Ecco, forse la chiave per capire le sfide e le domande che questo cambiamento d'epoca ci pone davanti è proprio la tenerezza. Mancano dieci giorni a Natale, a quel momento indescrivibile in cui Cristo diventa uomo come noi, come ognuno di noi. E al di là del freddo, delle difficoltà, di Erode, dell'asino e del bue, il Natale è il tempo della tenerezza. Ci sarà il momento del dolore, della passione, della morte e della risurrezione. Ma ora è il tempo della tenerezza.

Buon Giubileo della Misericordia a tutti!

giovedì 5 novembre 2015

Ma non potete servire Dio e la ricchezza.

No, non c'è niente di "accettabile" nell'allucinante quadro economico che sta uscendo da Vatileaks in questi giorni. Non c'è assolutamente nulla di anche solo vagamente VICINO al concetto di accettabile. Anche al netto dell'enfatizzazione mediatica, anche filtrando i toni apocalittici e accusatori di buona parte dell'informazione, resta il fatto che ciò che sta emergendo è ben lontano dall'essere "accettabile". No, non è accettabile che i soldi raccolti per opere di carità finiscano ad essere usati per la vita privata di qualche cardinale. No, non è accettabile che un cardinale a riposo viva in un appartamento di 500 metri quadrati. E non mi interessa se lo sta abitando legittimamente, non è accettabile lo stesso. Non è accettabile che l'appello di Papa Francesco per una "Chiesa povera" venga accolto con sorrisi di circostanza da certi monsignori, per poi continuare a sguazzare nell'opulenza esattamente come prima. Non è accettabile. E nel caso ce lo si dimentichi, no, "non potete servire Dio e la ricchezza" (Lc 16, 13). E sempre nel caso ce lo si dimentichi, "se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti" (Mc 9, 35).

Io sono cristiano cattolico, "credo la Chiesa", come dice il Simbolo Niceno Costantinopolitano, credo che questa Chiesa sia stata voluta e fondata da Cristo, e credo che "le le potenze degli inferi non prevarranno su di essa" (Mt 16, 18). Sono certo di questo, e la mia fede in Cristo non è scalfita da questi scandali. Ma sono anche molto, molto, MOLTO incazzato con chi fa della Chiesa "un covo di ladri" (Lc 19, 46). Cari (mon)signori, lo Spirito ci ha regalato un Papa straordinario (farei meglio a dire una serie di Papi straordinari, visti anche i suoi predecessori). Ascoltatelo. Non buttate tutto a mare. Il Regno di Dio si realizzerà comunque, con o senza di voi. "Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all'uomo a causa del quale viene lo scandalo!" (Mt 18, 6-7). 

Avete sbagliato, signori. Non c'è niente di male nell'ammetterlo, siamo uomini, gli uomini sbagliano. Continuamente. Tutti noi, sempre e comunque. Ma siamo tutti avvolti da quell'Amore che ci ama NONOSTANTE i nostri errori. E allora riconosciamo 'sti benedetti errori e torniamo a cercare di vivere nella luce del Vangelo. A "farci ultimi". A "servire". Solo così possiamo essere testimoni credibili di Cristo. Solo così.

giovedì 22 ottobre 2015

Lettera aperta a Michele Serra in risposta all'Amaca del 21/10/2015

Egr. dott. Serra, 

buongiorno. Sono un insegnante di religione cattolica, ho 35 anni e svolgo questa professione da sette. Sovente sono d'accordo con i suoi articoli su Repubblica. Ho sempre ammirato molto il suo stile arguto e ironico e la sua capacità di essere incisivo e leggero allo stesso tempo. Poi oggi mi sono imbattutto nella sua "amaca" del 21 ottobre, contro l'insegnamento della religione cattolica. E allora le scrivo questa lettera aperta, perché trovo opportuno fare qualche precisazione.
Nella scuola in cui insegno il numero degli avvalentesi oscilla tra il 50% e il 100%, attestandosi su una media del 75-80%. E non insegno in una scuola sperduta sulle montagne, ma nel pieno centro di una delle più grosse città del Nord Italia. Non ho il minimo interesse a far "aumentare" (o anche solo a sottolineare) il prestigio culturale e sociale della Chiesa Cattolica. L'unico interesse che ho è il bene dei ragazzi e delle ragazze di cui ho l'onore di essere professore.
Lo chieda a loro, dott. Serra, se quest'ora è controproducente per la loro vita. Lo chieda a loro se è mal sopportata. Lo chieda a loro. In sette anni di insegnamento ho avuto alunni musulmani, indù, agnostici e atei dichiarati. Con ognuno si è sviluppato un confronto (a volte anche serrato), ma MAI, in nessun momento, c'è stata prevaricazione o imposizione di idee. Mentre sempre, in tutte le classi che ho avuto la fortuna di incontrare, ho riscontrato una grande "sete" e una grande "curiosità" nei confronti delle religioni (in generale) e del Cristianesimo (in particolare). Curiosità spesso espressa in termini critici, ma che esigeva da parte mia confronto, dialogo, riflessioni e (quando possibile) risposte. Lo chieda ai ragazzi, se quell'ora era inutile e controproducente. Lo chieda a quei ragazzi che per un'ora a settimana potevano esprimersi liberamente, senza l'ansia del voto, e soprattutto sapendo che non sarebbero stati giudicati, qualunque cosa avessero chiesto o qualunque provocazione avessero lanciato. Lo chieda ai colleghi di altre materie, che con alcuni miei colleghi di religione (certamente molto più esperti e preparati di me) sono riusciti a preparare dei percorsi interdisciplinari meravigliosi, che hanno aiutato i ragazzi a capire meglio anche le altre materie.
Se la sua è una provocazione per migliorare l'ora di religione, caro dott. Serra, ne sono più che felice: sediamoci ad un tavolo e discutiamone, magari davanti ad una pizza ed una birra, che come è noto aiutano notevolmente il dialogo ed il confronto. Se invece è solo un modo per "eliminare" quest'ora, basandosi sul fatto che è "controproducente" e "mal sopportata", beh, allora mi lasci dire che lei non conosce la realtà, e soprattutto non è il bene degli studenti al centro della sua proposta. Perché quello è sempre al centro di tutto, per tutti gli insegnanti. Anche per quelli di religione cattolica.

Buona giornata e buona vita

prof. Marco Bugatti

mercoledì 17 giugno 2015

Il prof di religione

Stamattina ero a fare sorveglianza alla prova di italiano degli Esami di Stato. Ho letto le tracce. Belle. Davvero. Con qualche rischio di scivolare nella retorica, ma belle.
Ero con i ragazzi e le ragazze della "mia" 5G, e li ho osservati sospirare, concentrarsi, scrivere, sorridere, concentrarsi, scrivere, sgranocchiare qualcosa, sospirare, concentrarsi e scrivere.
E mentre li guardavo pensavo. Pensavo a quanto sia delicato il ruolo dell'insegnante. Pensavo che più tardi sarò qui a recuperare due scrutini che sono saltati per uno sciopero che non condivido, ma tant'è, siamo in democrazia.
Pensavo che questi ragazzi ci sono stati affidati. E che è tanto difficile definire bene che cosa deve fare un buon insegnante. D'Avenia ci sta provando da mesi, sta sollevando discussioni, polemiche, sta entrando nel merito, spesso sono d'accordo con lui, altre volte meno, ma gli va riconosciuto il fatto di aver "smosso" qualcosa.
Io non voglio entrare nel merito, non voglio analizzare, non voglio fare niente di tutto questo, anche perché la mia è una materia talmente atipica (religione, per chi non lo sapesse) da sfuggire ad ogni schematizzazione.
Vorrei solo essere stato "utile" ai ragazzi che mi sono stati affidati in questi anni, e continuare ad esserlo per quelli che verranno. Non voglio che mi ricordino per la simpatia, né per le cose che ho detto (perché suvvia, non dico poi cose così importanti). A dirla tutta non credo nemmeno di voler essere ricordato (o meglio, la mia parte autocompiacente lo vuole, ma non è quello che conta).
Vorrei lasciare una testimonianza, un piccolo seme di bene, un qualcosa che aiuti queste ragazze e questi ragazzi ad essere donne e uomini migliori. Donne e uomini che capiscano l'importanza dello studio e dell'impegno, dotati di cultura e di spirito critico (e magari anche della capacità di ridere dei loro difetti). Donne e uomini consapevoli delle loro forze e dei loro limiti, donne e uomini che non tacciono davanti alle ingiustizie, che lottano a favore dei poveri e degli emarginati, che si mettano in ascolto dei bisogni e delle necessità degli altri, che lascino la porta aperta alla possibilità che quel Dio di cui ogni tanto parlo loro esista davvero.
Ribadisco: un qualcosa che li aiuti ad essere tutto questo, anche in minima parte. Perché poi se ci riusciranno, se davvero diventeranno così, il merito sarà tutto loro, e il mio sarà stato un contributo minuscolo, quasi infinitesimale. Però ecco, mi piacerebbe averlo donato loro, questo contributo infinitesimale, e continuare a donarlo, magari in modo sempre migliore, agli studenti a cui sarò chiamato ad insegnare.

Questo vorrei, questo è il modo migliore di fare il mio lavoro. E per questo lo amo.

giovedì 4 giugno 2015

...perché capiamo quel che vogliamo capire.

Apro Facebook. Mi salta all'occhio il titolo di un "giornale" (non so bene come definirlo, non ricordo nemmeno qual è) che dice che secondo Jovanotti "è giusto lavorare gratis".
Ora, la cosa mi sembra strana. Approfondisco. Vado a leggere, guardo, e scopro che il sig. Cherubini ha detto, più o meno in questi termini, che da ragazzino ha fatto volontariato in svariate sagre, che il tutto gli è servito e che sono state esperienze formative.
Oh, capiamoci, questa di Jovanotti è una stupidaggine, eh. Però mi ha fatto pensare a come venga innanzitutto manipolata, e in secondo luogo ricevuta, l'informazione. Anche quella "leggera".
E' senza dubbio vero che i titoli dei media sono spesso fuorvianti, creati per "catturare" click e attenzioni. E' altrettanto vero, però, che basta scavare un attimo per andare a capire il contenuto reale della notizia. E allora tutto questo vuol dire che talvolta noi certe interpretazioni le accettiamo perché ci vanno benissimo. Perché è quello che cerchiamo, per condividerlo con gli altri ed esprimere la nostra "indignazione". Perché nel caso specifico l'idea di un cantante ricco e famoso che dice che è giusto lavorare gratis solletica la pancia della generazione "anti-kasta". E pazienza se poi Jovanotti non ha - in effetti - mai detto niente del genere, ormai la valanga di rabbiosa indignazione (fatta di post e retweet, spesso offensivi e volgari) si è scatenata.

...perché capiamo quel che vogliamo capire.

lunedì 27 aprile 2015

Se questo è un tifoso.

Ho sempre amato il calcio. E' uno sport meraviglioso, dal mio punto di vista il più bello del mondo. Sono juventino da sempre, il mio numero preferito è tutt'ora il 26 della maglia di Edgar Davids, giocatore di cui sono sempre stato (calcisticamente) innamorato.
Ieri ho guardato il derby alla tv. Ho visto la Juve perdere, e ci sta perché il Toro ha fatto una gran partita. Complimenti a loro, ma non è di questo che voglio parlare.
Leggo le notizie sulla partita, e sento parlare di "tifosi" del Torino che prendono a sassate il pullman della Juve. Continuo a leggere, e sento parlare di "tifosi" della Juventus che lanciano una bomba carta sugli spalti granata e provocano 11 feriti.

So che sto scoprendo l'acqua calda, ma questo non è calcio. Non è sport. Quelli non sono tifosi. Cose dette e ridette. Però una riflessione consentitemela lo stesso. 
Da anni dico che c'è una differenza sostanziale tra lo sfottò e l'insulto. Un coro come "Napoli merda Napoli colera", tanto per dirne uno dei più diffusi, non è uno sfottò. E' un insulto, e anche pesante. Aggiungere la parola "merda" ad ogni squadra avversaria che si incontra non è uno sfottò. E' un insulto. "Preparare" le partite come se fossero guerre (parlo dei tifosi, eh) non è uno sfottò. Mi sono sempre sentito rispondere che fa parte del gioco, che finisce tutto lì, che non c'è "cattiveria". Sarà. Ma io continuo a pensare che le parole abbiano un peso, e che a volte il passaggio dal "Torinista pezzo di merda" al lancio della bomba carta non sia poi così difficile da immaginare. Insomma, il tifo "contro" anziché il tifo "per" porta solo danni. Anche fisici.

Soluzioni non ne ho, se non quella - lenta e faticosa - di martellare sull'educazione e sulla correttezza dei futuri tifosi, quelli delle generazioni future. Ma ha ragione Allegri quando dice che in un clima del genere è assurdo pensare di portare i bambini allo stadio. 
Una cosa però la dico, e mi piacerebbe arrivasse a tutte le società calcistiche italiane: se - come stato Italiano e come società sportive - non siamo in grado di prevenire e di capire quali tifosi sono davvero tifosi e quali invece sono un branco di criminali imbecilli, giochiamo il prossimo campionato - TUTTO! - a porte chiuse. 
E se qualcuno - giocatori, tifosi, addetti ai lavori - dovesse dire che è una proposta assurda, fate una ricerchina su google per vedere QUANTI incidenti, feriti, addirittura morti ci sono stati in Italia negli ultimi anni per via del "tifo". 

...bisogna avere cervello anche per andare allo stadio. Evidentemente, in Italia, in troppi non ce l'hanno.

domenica 5 aprile 2015

Buona Pasqua intorno al mondo!

Un'altra Pasqua volge al termine, e in questo giorno di gioia e di resurrezione vi lascio con un breve pensiero e una splendida canzone della LineaMaginot, band marchigiana che avrebbe meritato decisamente più successo.
È un brano che mi ha sempre cullato e rassicurato, e io, credente imperfetto e talvolta miscredente, mi ci ritrovo un sacco, in questo testo.
Vorrei che la Pace che scaturisce dal cuore di Cristo risorto raggiungesse i cuori degli assassini responsabili della terribile strage in Kenya. Vorrei che raggiungesse i cuori induriti di chi si nasconde dietro all'ISIS e a Boko Haram. Vorrei che toccasse i cuori dei responsabili del conflitto tra Israele e Palestina, vorrei che arrivasse ovunque si combattono guerre.
Vorrei anche che questa piccola canzone arrivasse a tutti, Cristiani, Musulmani, Ebrei, Induisti, Credenti di qualunque altra religione, Agnostici e Atei, per cancellare ogni fondamentalismo, ogni estremismo, ogni chiusura, ogni prevaricazione.
È questo il mio augurio per tutti voi. Buona Pasqua di resurrezione!

Ninnananna a chi sta male e ninnananna a chi sta bene,
ninnananna a chi si lascia e a chi si cerca e vuole stare insieme,
e ninnananna anche ai poeti e ai cantautori, una persona sola,
ninnananna agli alti e ai bassi, ai belli, ai brutti, ai magri e ai grassi,
a tutti loro ninnananna ora.
Ninnananna intorno al mondo ninnananna ninna ah.
Ninnananna agli ignoranti e ninnananna anche ai saccenti
che a sentirli a volte viene da ridere, ma per rispetto ridiamo tra i denti.
Ninnananna ai moralisti e ninnananna ai puritani
che lottano anche per i trasgressivi ipocriti che se ne lavano le mani.
Ninnananna intorno al mondo ninnananna ninna ah.
Ninnananna a chi è in prigione e ninnananna a chi ha rubato
che il rancore crea ignoranza e via quell'indice puntato.
E ninnananna a chi bestemmia e a chi prega con fervore
che a volte è solo una questione di modalità per sfogare il dolore.
Ninnananna intorno al mondo ninnananna ninna ah.
Ninnananna agli ex soldati e a tutti i profughi di guerra
che non sanno neanche loro se maledire o amare questa terra.
E ninnananna a chi è felice e a chi è contento per davvero,
ma che non pretenda di insegnare come si fa, siamo diversi come nuvole in cielo.
Ninnananna intorno al mondo ninnananna ninna ah.
E ninnananna ai consacrati e ninnananna alle puttane
che comunque la pensiamo c'è chi li ama più del pane.
E ninnananna a chi sta al buio con la testa tra le mani
che forse la speranza di un buon sonno è l'unica cosa che lo spinge fino a domani
Ninnananna intorno al mondo ninnananna ninna ah.
E ninnananna a chi si sposa e a chi si ama solamente,
ma buonanotte anche a chi è solo e intorno a sè non vuole niente.

lunedì 23 marzo 2015

Speranza VS Cinismo

Il Papa è stato a Napoli. E Napoli ha accolto il Papa con i suoi colori, le sue tradizioni, il suo folklore, la sua gioia spontanea e calorosa, la sua confusione allegra, addirittura la sua pizza.
Il Papa ha parlato a Scampia, e ha detto cose condivisibili da chiunque, credenti e non credenti, contro la corruzione, contro la camorra, a favore della dignità umana e lavorativa.
Ha parlato al clero napoletano, non risparmiandosi una buona dose di stilettate pungenti e acute, e il sangue di San Gennaro mezzo sciolto gli ha dato l'occasione per invitare ad un impegno ancora maggiore, ad un servizio ancora maggiore.
Ha parlato a favore degli ultimi, dei poveri, ha incontrato i carcerati, tra loro anche alcuni transessuali.
Ha parlato ai giovani e a tutti coloro che volevano esserci sul lungomare Caracciolo, in una cornice talmente bella da mozzare il fiato, e ha parlato di gioia e di speranza. Di gioia e di speranza.

E Napoli ha risposto, un'enorme quantità di persone ha pregato, pianto, gioito, goduto della speranza pura e cristallina che sgorga da questa visita.

Ma ovviamente c'è chi si concentra su altro. C'è chi si concentra sul fatto che una visita del genere richiede ingenti spese per la sicurezza, e si scandalizza per questo. C'è chi si concentra sul fatto che una visita del Papa in questo momento storico mette a rischio l'incolumità di Napoli e dei Napoletani, e che quindi andava evitata. C'è chi si riempie la bocca della parola "laicità", come se "laicità" volesse dire che il Papa deve starsene chiuso in Vaticano (possibilmente in silenzio).

Scuse, scuse, scuse. Scuse per nascondere il fastidio che queste persone provano nel vedere che una visita come quella di Papa Francesco ha reso felice un sacco di gente. Ha portato davvero luce, ha portato davvero gioia, ha portato davvero speranza. Anzi, Speranza, con la S maiuscola.

A me dispiace che in nome della "laicità" (che peraltro è un'altra cosa) si perdano occasioni per comprendere, per apprezzare, per godere della gioia che può scaturire da un evento del genere. Mi dispiace davvero. Mi dispiace che questo "razionalismo" anticlericale porti ad un cinismo tale da non essere più capaci di cogliere la Speranza. 

Dovrebbe appartenere a tutti, la Speranza, indipendemente dalle proprie credenze religiose. Dispiace vedere che certe ideologie si trasformano in paraocchi che impediscono di coglierla.

Papa Francesco ha abbracciato Napoli, e Napoli ha abbracciato Papa Francesco. Inondando di Speranza la città. E questo conta!


mercoledì 11 febbraio 2015

Musica, treno e pensieri: il mix letale.

Le note di Bob Dylan mi cullano, mentre il treno mi trasporta verso casa. Dylan è Dylan, ti fa pensare anche se non vuoi. Anche se magari i testi non li stai nemmeno ascoltando, le atmosfere musicali che crea ti fanno comunque meditare.
Stamattina, andando a scuola, ho aperto quell'incredibile Vaso di Pandora che è Facebook, e sono stato travolto da una quantità di (pseudo?) informazioni di svariato genere. Ho scoperto un sacco di cose sulla prima serata del Festival di Sanremo, per dire, senza averne visto nemmeno un minuto. Ho scoperto che Alessandro Siani ha offeso un bambino sovrappeso, e che questo ha scatenato un putiferio. Ho scoperto che Romina Power è ingrassata e che Al Bano è invecchiato (sai che news). A parte il Festival, ho scoperto - cosa un filino più grave e che purtroppo in realtà già sapevo- che i migranti morti stanno raggiungendo numeri da orrore puro, ma che tutto sommato la cosa interessa fino ad un certo punto.

Non so bene nemmeno io perchè sto scrivendo, ve lo dico subito. Sono pensieri sparsi, senza un grande filo logico, buttati giù per colpa delle canzoni di Dylan.
Sì, perché mentre ascolto mi è partito uno strano paragone. Tra le canzoni di Dylan e i post (o gli articoli condivisi) su Facebook. Cosa c'entra? Nulla, ovviamente. Eppure... eppure le canzoni di Dylan graffiano. Con quella voce un po' così, non particolarmente gradevole nemmeno quando era giovane e all'apice del successo, Dylan ti costringeva ad ascoltarlo. Non urlava mai, a volte non cantava nemmeno, ma ti inchiodava lì. E sapete perché? Perché aveva qualcosa da dire. Anche se magari poi il testo non lo ascolti, non lo capisci o non lo traduci nemmeno, anche se poi magari la sua voce o il suo modo di cantare ti danno quasi fastidio, Dylan ti lascia la sensazione che ti sta dicendo qualcosa perché HA qualcosa da dire. E quindi devi ascoltarlo.

Il che ci riporta ai post di Facebook. Che spesso (quasi sempre, con rarissime eccezioni) a me fanno esattamente l'effetto opposto. E' come se fossero canzoni urlate, la maggior parte delle volte in tono sguaiato, scritte tanto per essere scritte. Non c'è messaggio. Non c'è qualcosa da dire davvero. C'è solo il bisogno di essere letti. Di avere un po' di gente che ti conferma che stai dicendo cose belle e buone, e che il tuo punto di vista è quello giusto. Con l'evidente rischio che anche chi ha qualcosa da dire davvero venga risucchiato nel calderone generale, ogni opinione sullo stesso piano, tutto appiattito e svuotato di ogni valore dal giochino dei like e dei commenti.

Sì, lo so, il paragone è assurdo, non c'entra nulla. Ma del resto, come dicevo, sono pensieri sparsi e senza logica, che butto giù perché improvvisamente m'è venuta voglia di scrivere un post.

Comunque, il tutto per dire che a volte - spesso, per la verità - una canzone come "Blowin' in the Wind", scritta 52 anni fa, riesce a colpire e far risvegliare la coscienza più di 500 post (quasi sempre offensivi, in un senso o nell'altro) di denuncia urlata.

Ma io ho sempre creduto che "una chitarra conta sempre più di una spada", citando uno dei nostri migliori cantautori. Datemi più Musica, per favore, e meno rumore. Datemi più Musica. Ne guadagneremmo tutti.

lunedì 19 gennaio 2015

Ma c'è un'Italia che vi stima (e vi ringrazia).

Care Greta e Vanessa,

non so se in questi giorni avete avuto modo di dare un'occhiata a ciò che l'Italia pensa di voi. A dirla tutta, spero che non l'abbiate fatto.

Ma se disgraziatamente vi è capitato, vi sarete accorte che su di voi si sono sprecati insulti, calunnie, cattiverie di vario tipo, volgarità sessiste di infima lega; in generale, vi è stata scaricata addosso una rabbia smisurata, mischiata ad un atteggiamento da "ora ve la faccio vedere io" e a paragoni assurdi (uno su tutti, quello con i marò).

Ora... forse avete peccato d'ingenuità. Forse siete state un po' incoscienti. Non lo so, non so qual era il vostro grado di preparazione. Ma una cosa la so per certa: non meritate tutto il fango, le calunnie e gli insulti che vi stanno arrivando addosso. Non credete a questa gente. Non abbassate la testa.

Lo diceva bene Severgnini in un articolo sul Corriere, qualche giorno dopo il vostro rapimento: a volte la linea di confine tra incoscienza e coraggio è davvero labile. E per seguire un ideale come il vostro il coraggio è necessario, senza coraggio (e senza incoscienza) non si va da nessuna parte.

A differenza di tanti che parlano, parlano, parlano, voi avete FATTO. Vi siete organizzate, vi siete preparate (nel limite del possibile) e siete partite. A portare medicinali, a portare beni di prima necessità nel mezzo di un paese martoriato. Anche solo per questo andreste applaudite. E invece venite insultate da gente che - mentre dice che il volontariato si può fare anche in Italia, magari negli ospizi - nel 99% dei casi non alza le chiappe dal divano se non per prendersi qualcos'altro da mangiare.

"Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli." (Mt 5, 11-12)
Ora verrò accusato di intrepretare a mio modo il messaggio evangelico, ma cosa c'è di più cristiano, di più vicino allo stile di Gesù, che mettersi ad agire per portare il bene al proprio prossimo (che sia siriano, italiano, palestinese, ebreo, africano)? Nulla. E allora beate voi, Greta e Vanessa, beate voi, nel senso più puro e cristiano del termine.

Sì, c'è un'Italia che vi insulta, vi deride e vi calunnia. 
Ma c'è anche un'Italia che vi ammira e vi ringrazia. E io sono contento di farne parte!

giovedì 8 gennaio 2015

Non ce la faccio. #JeSuisCharlie #PrayersForParis

Scusatemi, ma non ce la faccio.

Non ce la faccio a leggere le deliranti polemiche dopo il massacro di Parigi.

Non ce la faccio a leggere di qualcuno che pensa che "in fondo se la sono cercata" perché "prendendo in giro così l'Islam è inevitabile".

Non ce la faccio a leggere che già un sacco di gente sta portando avanti l'equazione "musulmano=terrorista", e che niente può smuoverla da questa idea.

Non ce la faccio a leggere le parole di Salvini, tanto per dirne uno. Non ce la faccio proprio, non ce la faccio.

Non ce la faccio a leggere i distinguo sui contenuti delle vignette satiriche di Charlie Hebdo. Non ce la faccio, perché in questo preciso istante del contenuto delle vignette non mi interessa una beneamata fava. Non ce la faccio, perché davanti a quelle morti, cosa volete che mi importi se delle vignette satiriche prendevano di mira anche Dio, la Trinità, la Chiesa? Ma cosa volete che me ne importi??? Ma davvero si possono fare distinguo su questo??? In questo momento???

No, quelle vignette non piacevano nemmeno a me, sia che se la prendessero con l'Islam, sia che se la prendessero con il Cristianesimo. Ma uccidere chi le disegnava? UCCIDERLI???

No, signori, no, non ce la faccio. Prendete pure per il culo il mio Dio, la mia religione, i miei valori. Ma io NON UCCIDO chi fa una cosa del genere. Potrà non piacermi, ma NON UCCIDO. Io difenderò la tua libertà di espressione, anche se magari ti farò notare che non mi piace quel che dici. Ma hai il diritto di dirlo. E io ho il diritto di replicare, di farti notare che non mi piace. Ma NON HO IL DIRITTO DI CHIUDERTI LA BOCCA. NON HO IL DIRITTO DI UCCIDERTI. Anche se insulti il mio Dio (che poi è il Dio di tutti).

Non ce la faccio a scaricare la colpa sull'Islam e sull'immigrazione, come fa qualcuno. Non ce la faccio - ribadisco - a dire che se la sono cercata, come fa qualcun altro.

Non ce la faccio, e l'unica cosa sensata che mi viene per chiudere l'articolo è di fare mio l'invito del Papa, e pregare. Pregare per le vittime. E pregare per gli assassini, perchè, come dice Francesco "il Signore cambi il loro cuore".