mercoledì 11 febbraio 2015

Musica, treno e pensieri: il mix letale.

Le note di Bob Dylan mi cullano, mentre il treno mi trasporta verso casa. Dylan è Dylan, ti fa pensare anche se non vuoi. Anche se magari i testi non li stai nemmeno ascoltando, le atmosfere musicali che crea ti fanno comunque meditare.
Stamattina, andando a scuola, ho aperto quell'incredibile Vaso di Pandora che è Facebook, e sono stato travolto da una quantità di (pseudo?) informazioni di svariato genere. Ho scoperto un sacco di cose sulla prima serata del Festival di Sanremo, per dire, senza averne visto nemmeno un minuto. Ho scoperto che Alessandro Siani ha offeso un bambino sovrappeso, e che questo ha scatenato un putiferio. Ho scoperto che Romina Power è ingrassata e che Al Bano è invecchiato (sai che news). A parte il Festival, ho scoperto - cosa un filino più grave e che purtroppo in realtà già sapevo- che i migranti morti stanno raggiungendo numeri da orrore puro, ma che tutto sommato la cosa interessa fino ad un certo punto.

Non so bene nemmeno io perchè sto scrivendo, ve lo dico subito. Sono pensieri sparsi, senza un grande filo logico, buttati giù per colpa delle canzoni di Dylan.
Sì, perché mentre ascolto mi è partito uno strano paragone. Tra le canzoni di Dylan e i post (o gli articoli condivisi) su Facebook. Cosa c'entra? Nulla, ovviamente. Eppure... eppure le canzoni di Dylan graffiano. Con quella voce un po' così, non particolarmente gradevole nemmeno quando era giovane e all'apice del successo, Dylan ti costringeva ad ascoltarlo. Non urlava mai, a volte non cantava nemmeno, ma ti inchiodava lì. E sapete perché? Perché aveva qualcosa da dire. Anche se magari poi il testo non lo ascolti, non lo capisci o non lo traduci nemmeno, anche se poi magari la sua voce o il suo modo di cantare ti danno quasi fastidio, Dylan ti lascia la sensazione che ti sta dicendo qualcosa perché HA qualcosa da dire. E quindi devi ascoltarlo.

Il che ci riporta ai post di Facebook. Che spesso (quasi sempre, con rarissime eccezioni) a me fanno esattamente l'effetto opposto. E' come se fossero canzoni urlate, la maggior parte delle volte in tono sguaiato, scritte tanto per essere scritte. Non c'è messaggio. Non c'è qualcosa da dire davvero. C'è solo il bisogno di essere letti. Di avere un po' di gente che ti conferma che stai dicendo cose belle e buone, e che il tuo punto di vista è quello giusto. Con l'evidente rischio che anche chi ha qualcosa da dire davvero venga risucchiato nel calderone generale, ogni opinione sullo stesso piano, tutto appiattito e svuotato di ogni valore dal giochino dei like e dei commenti.

Sì, lo so, il paragone è assurdo, non c'entra nulla. Ma del resto, come dicevo, sono pensieri sparsi e senza logica, che butto giù perché improvvisamente m'è venuta voglia di scrivere un post.

Comunque, il tutto per dire che a volte - spesso, per la verità - una canzone come "Blowin' in the Wind", scritta 52 anni fa, riesce a colpire e far risvegliare la coscienza più di 500 post (quasi sempre offensivi, in un senso o nell'altro) di denuncia urlata.

Ma io ho sempre creduto che "una chitarra conta sempre più di una spada", citando uno dei nostri migliori cantautori. Datemi più Musica, per favore, e meno rumore. Datemi più Musica. Ne guadagneremmo tutti.