lunedì 13 ottobre 2014

Pensieri e vaneggiamenti sparsi sul Cristianesimo e il nostro mondo.

Forse sono sbagliato io, o perlomeno il mio pensiero. Forse.

In questi giorni ho letto articoli su giornali online, blog e quant'altro. E ho letto tanti commenti. Forse troppi. Leggo delle parole che escono dal Sinodo sulla famiglia, e un po' mi si allegerisce il cuore. Leggo della reazione alle manifestazioni delle sentinelle in piedi, e si riappesantisce. Leggo le reazioni di qua e di là, da una barricata all'altra, da un fronte all'altro. Soprattutto, ripeto, leggo i commenti alle notizie, e sprofondo.

Leggo, e il denominatore comune è la rabbia, l'arroganza, la pretesa di sapere tutto sempre e comunque meglio degli altri. E soprattutto la pretesa di aver ragione, sempre e comunque, ad ogni costo. E questo vale tanto fra i cristiani (nei confronti di alcune cose) quanto fra i non cristiani (quanto odio nei confronti della Chiesa!). E spesso mi fa più paura quando si trova tra i cristiani.

Posso sbagliarmi, ma la mia idea di Cristianesimo è quella di un Cristianesimo che accoglie. Che include. Che - per citare le parole del Papa, già citate da me un po' di tempo fa - si metta in ascolto dei "bisogni, dei desideri, delle delusioni, della disperazione, della speranza". E ancora, continua: "Dobbiamo ridare speranza ai giovani, aiutare i vecchi, aprire verso il futuro, diffondere l’amore. Poveri tra i poveri. Dobbiamo includere gli esclusi e predicare la pace".

Io credo che queste cose si possano fare solo mettendosi davvero in ascolto. Anche quando questo ascolto richiede l'andare un po' oltre le proprie barriere mentali e le proprie inviolabili convinzioni. Perché senza ascoltare non si può prendere di capire, e senza capire non si può pretendere di "farsi prossimo", per usare un'espressione evangelica.

Rispondo in anticipo ad una possibile critica: no, non si tratta di arrendersi di fronte al relativismo imperante, né di essere tiepidi nell'annuncio. Non si tratta di questo, ma si tratta - secondo me - dell'inutilità di innalzare muri e barriere, e della impellente necessità di comprendere. Senza peraltro pretendere che gli altri comprendano noi, facendo gli imbronciati se questo non accade. E' successo a Cristo, che era Cristo, voglio dire. Se è successo a lui di non essere compreso, dobbiamo accettare che capiti anche a noi, anche se partiamo con le migliori intenzioni del mondo.

Infine, permettetemi di rivolgere una richiesta a tutti i non credenti che si trovassero a leggere queste righe (esclusi alcuni amici agnostici con cui da tempo ho un dialogo schietto e proficuo su questi argomenti): io lo so che a volte noi cristiani non ci comportiamo in modo perfetto. Ne sono consapevole, a volte abbiamo solo paura del "nuovo", a volte siamo pigri, a volte ci arrocchiamo, a volte non comprendiamo, a volte non testimoniamo nel modo migliore quel Vangelo in cui crediamo. E' vero, lo so. Perdonateci per questo.
Però, vi prego, smettetela di trattare la religione come se fosse esclusivamente il vaneggiamento di qualche demente, la Chiesa come se fosse solo un organo di potere economico e politico, i credenti come se fossero dei pecoroni senza cervello né razionalità. Non è così, e sono un po' stufo di leggere queste cose ogni volta che parte qualche discussione sul web. Siete abbastanza razionali per capirlo, e certi insulti (perché di insulti si tratta) non vi fanno onore, siete meglio di così.

Buona giornata a tutti!