lunedì 26 settembre 2022

Gloria (considerazioni religiose post-elettorali)

Concedetemi una nota a margine, abbastanza collaterale, rispetto al risultato del voto di ieri.

Nei giorni scorsi ho notato che una parte del mondo cattolico si diceva soddisfatta di un'eventuale vittoria della destra, per motivi legati alla difesa della propria religione e di alcuni valori e per il rifiuto di altre idee considerate poco in linea con la propria visione del mondo.

Sono cattolico anch'io, sono un insegnante di religione cattolica, e non sono nessuno, ma proprio nessuno, per poter contestare questa visione, però ci tengo a buttare lì un pensiero: ho la presunzione di affermare che il Dio che emerge dai Vangeli, attraverso Gesù Cristo, sia il Dio degli ultimi. E - sempre con un filo di presunzione - credo di poter sottolineare che gli ultimi, nel 2022, sono i migranti, sono i poveri, sono le persone con disabilità, sono tutti coloro che vengono rigettati, ignorati, derisi o peggio ancora nascosti dalla società e dal mondo.

Abbiate pazienza, amici cattolici, ma l'essere cristiani non può diventare un gagliardetto di appartenenza, con il quale chiudersi in una stanza con quelli che la pensano come me e gettare alle ortiche il resto. Quello non è il Vangelo di Cristo. So che può suonare un po' netta come affermazione, ma non ho problemi a ribadirlo: stare arroccati soltanto insieme a quelli che la pensano come noi, chiudendo fuori qualunque altra visione, non è il Vangelo di Cristo. Quando Pietro, durante la Trasfigurazione di Gesù, propone di fare tre tende e rimanere lì, lontani dal mondo soli con Gesù, Mosè ed Elia, l'annotazione del Vangelo è che "egli non sapeva quel che diceva". Mosè ed Elia spariscono, e Gesù prende i discepoli e torna nel mondo. Torna ad incontrare il mondo, ad annunciare, sì, ma incontrando il mondo. Non per niente Papa Francesco continua a ribadire la necessità di una "Chiesa in uscita". Non si può essere in uscita se ci si arrocca.

Vi lascio con una canzone di Edoardo Bennato di qualche anno fa, che a mio avviso centra bene il punto evangelico sugli "ultimi" di cui parlavo prima. 

venerdì 15 aprile 2022

Sotto la Croce

Eppure siamo lì, in ginocchio sotto la Croce.

Con i nostri limiti, i nostri peccati, le nostre ipocrisie. Con i nostri desideri, i nostri progetti, i nostri "vorrei".

Lì, sotto la Croce, timorosi di alzare la testa e guardare.

Sciocchi, direbbe qualcuno, ingenui, creduloni, stolti. San Paolo ce l'aveva detto: "scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani".

Eppure siamo lì, in ginocchio sotto la Croce. Ad attendere e sperare, contro ogni logica. 

Sotto la Croce.

sabato 21 agosto 2021

La nuova traduzione del Signore degli Anelli: si Fatica, ma va letta

Ho atteso qualche giorno prima di scrivere le mie impressioni sulla nuova traduzione del Signore degli Anelli da parte di Ottavio Fatica, per evitare di essere frettoloso (Barbalbero apprezzerebbe) e per lasciar sfumare gli ultimi echi dalla mia mente. E vi chiedo perdono per il tremendo giochino nel titolo del post, che già basterebbe per chiudere qui questo articolo.

Se volete comunque andare avanti, vi avverto che ho tre doverose premesse da fare, prima di addentrarmi nell'analisi.

La prima riguarda il mio rapporto con Tolkien: ho letto 13 volte il Signore degli Anelli (12 nella vecchia traduzione, 1 nella nuova), 3-4 volte lo Hobbit, un paio di volte il Silmarillion, almeno una volta tutti gli altri testi del Professore di Oxford. Questo non mi rende affatto un esperto, tutt'al più un appassionato. Dico questo perché ci tengo a far capire che gli "esperti" Tolkeniani sono un'altra cosa. Sono persone che hanno passato buona parte della loro vita a sviscerare, analizzare, capire l'opera Tolkeniana per poi scrivere, scrivere e ancora scrivere sull'opera Tolkeniana. Ci sono migliaia di opere e riviste dedicate a  Tolkien, alcune delle quali di grande valore e competenza, altre molto meno. Ecco, ci tenevo a sottolineare che io sono "solo" un appassionato. Amo Tolkien alla follia, ma non ho mai scritto SU Tolkien, né - per ora - ho intenzione di farlo (no, questo mio post non è su Tolkien, ma sulla nuova traduzione italiana).

La seconda è una banalità, che in teoria sarebbe ovvia, ma forse è comunque meglio esplicitare. Tutto ciò che dico in questo articolo è una mia mera opinione. Lo specifico perché la comunità Tolkeniana si è spesso mostrata estremamente suscettibile (basti vedere i toni usati proprio per commentare questa nuova traduzione), per cui vorrei evitare di creare polemiche, se mai qualche Tolkeniano di ferro capitasse su questi lidi.

La terza è che non ho mai letto il Signore degli Anelli in inglese. Per cui la mia non è una vera e propria analisi "della traduzione", ma piuttosto di come il lavoro di Fatica riesca a scorrere, a migliorare o a peggiorare la resa del romanzo in italiano. I riferimenti che farò rispetto all'inglese sono frutto del fatto che sono andato a vedere alcune parti proprio per poter fare un confronto.

Detto questo, cominciamo. Mi permetto di darvi un ultimo consiglio: se volete affrontare questa nuova traduzione, fatelo tenendo presente che è difficilissimo schiodarsi dalla mente alcuni nomi ed espressioni provenienti dalla vecchia, e questo inevitabilmente pesa. Io ho cercato di sganciarmi il più possibile, affrontando il testo come se stessi leggendo qualcosa di "nuovo". Non so se ci sono del tutto riuscito, ma tant'è. 

La prima sorpresa, dopo le infinite polemiche, è che la traduzione di Fatica non è affatto brutta. Avevo letto commenti dai toni apocalittici, quasi come se l'opera di Tolkien fosse stata distrutta e deturpata irrimediabilmente, e invece... e invece la traduzione scorre bene. Funziona. Per certi versi è anche nettamente migliore di quella a cui eravamo abituati. Scorre nel senso che è decisamente meno pomposa (sono andato a sbirciare, l'inglese di Tolkien - salvo alcuni momenti - non è affatto pomposo), è più "naturale" e mi sento di poter azzardare l'idea che sia molto più vicina all'inglese tolkeniano di quanto non fosse la vecchia traduzione. Anche l'utilizzo di termini che in italiano suonano arcaici, o quantomeno bizzarri, risponde alla necessità di tradurre in modo più fedele alcune scelte "particolari" fatte da Tolkien stesso. Vi faccio un esempio su tutti: all'inizio del libro, Tolkien parla del fatto che Bilbo compirà 111 anni. E per farlo, usa un termine che di fatto nell'inglese moderno non esiste: "eleventy-first". E' un termine semi-inventato dallo scrittore, che nella vecchia traduzione viene semplicemente sostituito da "centoundicesimo". Corretto come concetto, certo, ma perde la stranezza che Tolkien VOLEVA inserire nel testo. Fatica decide di tradurlo "undicentesimo", che può non piacere, ma a mio avviso mantiene molto di più lo spirito del testo originale. E di scelte di questo tipo il testo è pieno zeppo (anche un po' troppo, a volte). Ripeto, possono non piacere, ma tengono conto dell'idea originale molto più di quanto non faccia la vecchia traduzione, che su queste stranezze passa a mo' di rullo compressore, appiattendole. 

Altra nota di merito a Fatica (tranquilli/e, arriveranno anche i punti dolenti) è il rispetto dei registri linguistici. Tolkien fa parlare i vari personaggi in modo diverso a seconda della loro provenienza, razza (Elfi, Nani, Hobbit, Uomini), istruzione e ceto sociale. E finalmente in questa traduzione i registri si sentono tutti. La parlata di Frodo è diversa da quella di Sam, che è diversa da quella di Gimli, di Legolas, di Elrond, di Gandalf. Ci sono personaggi che parlano in modo sgrammaticato, altri che parlano in modo estremamente solenne, altri in modo rude ma pieno di dignità. Nella traduzione della Alliata questa cosa un po' si perde, ne converrete con me, se l'avete letta per bene. Peccato solo per la scelta di alcuni vocaboli un po' "aulici" messi in bocca a personaggi che non lo sono per nulla; questa francamente è una scelta poco comprensibile.

Ultimo punto positivo a favore della nuova traduzione: le poesie/canzoni in linea di massima non sono affatto male. Non sto dicendo che siano dei capolavori (ma ad onor del vero nemmeno tutte quelle in inglese lo sono), ma tutto sommato rendono bene, a mio parere meglio di quelle nella vecchia traduzione. Con la terribile eccezione della poesia dell'Anello: quella è proprio brutta. Io non so cosa sia passato per la testa di Fatica quando si è cimentato in QUELLA traduzione, ma decisamente non ci siamo. E' brutta, cacofonica e anche discretamente sballata rispetto all'originale (tanto per dirne una, perché mai deve sparire la parola "anello" dai versi finali?).

Il vero problema della nuova traduzione sono i nomi. Molti sono ininfluenti; alcuni sono migliori (Borgocorno invece di Trombatorrione) ma tanti, troppi, anche al netto del consiglio che davo all'inizio, sono francamente orribili. Orribili, non trovo altri termini. Vi faccio alcuni esempi, così ci capiamo. Il fiume che scorre nella Vecchia Foresta veniva tradotto "Sinuosalice". Che, diciamolo, è fantastico. Suona benissimo, rende bene l'idea di un posto avvolgente e anche un po' pericoloso... è perfetto. Ecco, nella nuova traduzione diventa "Circonvolvolo". Circonvolvolo, capite? Circonvolvolo. Dai, su. Altro esempio? Brandybuck e Terra di Buck. Io capisco tutto, ma come può venire in mente di tradurre "Brandaino" e "Landaino"? Merry Brandaino? Ma sul serio? In generale inoltre tutti i nomi dei quartieri della Contea suonano malissimo. La locanda "Il Puledro Impennato" diventa "Il Cavallino Inalberato". Ok, pony non è puledro, è vero. Però "inalberato"? Davvero non si poteva trovare niente di meglio? Sulla scelta di "Forestali" in luogo di "Raminghi" si è già discusso tantissimo; è vero che probabilmente si avvicina di più all'idea originale, ma purtroppo "forestali" in italiano indica un'altra cosa. E non si può non tenerne conto, dai. Orribile anche la scelta di "Occidenza" in luogo di "Ovesturia" (la sentite la diversa solennità dei due termini?). Brutta - ma ci posso passare sopra - anche la scelta di indicare gli Istari (Gandalf & co.) come "Maghi" anziché "Stregoni". Ma la cosa che mi ha creato un moto di raccapriccio è stata la nuova traduzione di Shelob. Shelob non si tocca. Shelob va benissimo così, Shelob è Shelob. Lo sentite come anche senza conoscere l'inglese il termine "Shelob" suoni minaccioso, terribile, faccia rabbrividire? Ecco. Preparatevi, perché è diventata "Aragne". Aragne, non so se rendo l'idea. Una specie di romanaccio, "A ragne, viè quà". Sì, lo so che "aragne" è italiano arcaico. Però qui non funziona proprio. Dai.

Insomma, per concludere... la nuova traduzione ha svariati pregi e altrettanti difetti. La cosa davvero buona - e non lo dico io, lo dicono fior fior di esperti Tolkeniani - è che finalmente CI SIA una nuova traduzione, il che è un inizio per poter porre "Il Signore degli Anelli" dove deve stare, ovvero tra i classici indiscussi della letteratura mondiale, che di traduzioni (più o meno buone) ne hanno avute ben più di due. Confidiamo nel futuro!

mercoledì 23 giugno 2021

Il pasticciaccio Vaticano-DDL Zan

Due riflessioni sul pasticciaccio Vaticano-DDL Zan. La prima rivolta a chi attacca e critica la Chiesa Cattolica, la seconda invece - per la quale utilizzo scritti di persone indubbiamente più preparate di me - indirizzata a chi della Chiesa Cattolica si sente parte integrante.

Prima riflessione, che non riguarda soltanto il caso in oggetto, ma vale sempre:

Quando si affrontano argomenti di grande complessità, in tutti gli ambiti, giustamente si invitano le persone a trattare la tematica con la dovuta attenzione, ricorrendo al parere degli esperti, cioè di persone che hanno dedicato tutto il loro percorso di studi a quel determinato argomento. Vale per la scienza, vale per la letteratura, per la filosofia, per qualsiasi campo del sapere. Ma quando si parla di Chiesa e di Religione, allora no. Allora vale tutto. Allora l'argomentazione diventa il ritornello urlato "TASSE-PRETIPEDOFILI-ABBATTIAMOILVATICANO", il massimo esperto diventa Fedez, che lancia i suoi strali con le stesse modalità di un SalviniMeloni qualsiasi. Forza, ragazzi, le critiche sono importanti, anzi, fondamentali. Però accidenti, cerchiamo di elevarci un po'. Come dico sempre ai miei studenti, la Chiesa non è un blocco di granito, in cui tutti hanno lo stesso pensiero. Oltretutto - come vedrete tra poco - esistono fior fior di teologi, biblisti, canonisti e altri esperti il cui lavoro è ESATTAMENTE quello di porre dubbi, domande, far emergere le criticità interne alla Chiesa e trovare le strade per superarle. E se le strade non ci fossero, trovare i modi per aprirne di nuove. Quindi, per favore, innalziamoci un po' dal "livello Fedez". Si può fare, e ne vale la pena. Basta volerlo.

Per la seconda riflessione, come annunciato, mi faccio aiutare da chi è più preparato di me, e in particolare da Andrea Grillo, cattolico, docente e fine teologo. 

Cito: "Il problema [...] esiste. E riguarda  la paura. Che domina fuori e dentro la Chiesa. E il difficile concetto di diritti soggettivi, duri da digerire e da riconoscere. Come cattolici siamo sempre tentati di usare un concetto di legge incapace di riconoscere davvero i diritti dei soggetti. E pensiamo di tutelare una dottrina immutabile guardando con sospetto a nuove libertà, mentre dovremmo scoprire che le nuove libertà, a modo loro e con le loro maniere, ci permettono di comprendere meglio il nostro non definitivo "sapere" sulla (omo)sessualità. La ossessione per la definitività della dottrina induce spesso in errore".

E ancora: "La differenza tra la rozza negazione dei diritti di chi ha orientamenti diversi e le buone ragioni di una sana dottrina cristiana mi sarei aspettato che emergesse con maggiore nitidezza. Permettere che si confonda la tradizione cristiana con la non sopportazione che l'altro voglia essere quello che è, per timore di non poter essere più se stessi se l'altro sarà tutelato, mi pare che sia sempre un passo falso, che facilmente si trasforma in un boomerang inesorabile".

E infine: "Né il cristianesimo, né il cattolicesimo deve credere di possedere un sapere "definitivo" sulla sessualità o sulla omosessualità. Credere in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo non implica, a cascata, una antropologia rifinita. Chi sia un uomo o una donna non è oggetto di una "dottrina compiutamente acquisita", perché l'uomo e la donna sono, da Dio, affidati sempre anche a loro stessi. Sono creati per essere liberi di corrispondere a sé in relazione a Dio. La pretesa di una "completa antropologia" è, in fondo, un ideale senza fede. Non vi è, dunque, una "rivelazione della sessualità" che sia un sapere definito, strutturato e chiuso. La evoluzione della dottrina cristiana è tale in moltissimi altri suoi aspetti: per cui possono apparire sulle cartine geografiche continenti che non si conoscevano, sole e terra possono scambiarsi di posto in cielo, le donne possono presiedere i tribunali e gli uomini possono chiedere il permesso "per maternità". Saper rispettare questa evoluzione, non rinunciando ad orientarla e ad abitarla, è l'unica via praticabile. E se l'episcopato per un millennio non è stato considerato un sacramento, come potremmo rassegnarci a guardare la omosessualità sempre soltanto come un vizio, un peccato, un disordine o, al massimo, una malattia? Perché dovremmo escludere "dal disegno di Dio" che sia invece una identità "possibile" in quanto identità "reale"? E che ammettere e accettare questo, come abbiamo riconosciuto Galileo, le ferrovie, le pensioni o i trapianti di cuore, non sovverta né la cupola di S. Pietro né la storia della salvezza né il disegno del creatore?".

Come vedete, le voci (intelligentemente e sapientemente) critiche interne alla Chiesa esistono (ho citato il prof. Grillo, ma potrei nominarne molti altri, da Duilio Albarello a Raffaele Maiolini, da Pierlugi Consorti a Derio Olivero), e allora l'ultima domanda è rivolta a tutti, credenti e non credenti, clericali e anti-clericali: vogliamo continuare ad ignorarle, queste voci, per fissarci sulle comode posizioni "Mondo contro Chiesa / Chiesa contro Mondo" o magari sarebbe il momento di cercare di elevare il livello della discussione?

P.s. a scanso di equivoci, ci tengo a sottolineare che - se non si fosse capito - da cattolico ritengo che la nota inviata dal Vaticano al Governo Italiano sul DDL Zan sia un errore. Un errore di forma prima ancora che di sostanza, un errore strategico, un boomerang piuttosto pesante. 

P.p.s. sempre a scanso di equivoci, però, le reazioni e i commenti che ho letto in giro sul tema sono avvilenti. Da cui si ritorna alla prima riflessione.

domenica 4 aprile 2021

Buona Pasqua per tutti!

Nelle icone della Pasqua della Chiesa Ortodossa Gesù non appare come risorto in solitaria; anzi, è proprio nella Risurrezione che si trascina dietro Adamo e tutta l'umanità.

E' un'immagine strepitosa, potente, bellissima.

E' Cristo che con la sua morte e risurrezione vuole salvare tutti, ma proprio tutti: credenti, non credenti, indifferenti, anticlericali, bigotti, ricchi, poveri, potenti e ultimi. Magari sempre con un occhio di riguardo per gli ultimi, per gli emarginati.

Che bello. Che bello!

Buona e Santa Pasqua, amici!



martedì 24 dicembre 2019

Buon Natale (senza sensi di colpa)!

Chiunque legga giornali, riviste e pubblicazioni di ispirazione cattolica, o anche semplicemente chiunque frequenti gli ambienti ecclesiali, negli ultimi vent'anni si sarà imbattuto, nel periodo che precede il Natale, in articoli, riflessioni ed omelie che - in toni più o meno misurati - puntano il dito contro il fatto che ormai Natale sia diventato una festa consumistica, che ci si dimentica dell'Essenziale, che non si festeggia più la Nascita di Gesù ma ci si perde nel turbine dei regali, eccetera eccetera eccetera. 

Il che è tutto vero e sacrosanto, eh. Niente da dire. Però.

Però, onestamente, sono più di vent'anni che sento dire e vedo scrivere queste cose, ed inizio ad essere un po' stufo. Perché non sono affatto convinto che il continuo rimarcare tutto questo (con conseguente senso di colpa indotto) aiuti poi molto a vivere bene il Natale. 

E' vero, il Natale è altro. Il Natale è la nascita di Dio in terra, è Dio che si fa uomo in Gesù per noi, è sostanzialmente il grande progetto d'Amore di Dio nei confronti dell'umanità. 

E allora mi piacerebbe che invece di continuare ad evidenziare quello che non va (che poi spesso il tutto si riduce a far emergere inutili e controproducenti sensi di colpa), negli articoli/riflessioni/omelie si ponesse l'accento su quanto è incredibile, quanto è pazzesco, quanto è divino un Amore che diventa bambino, povero tra i poveri, ultimo tra gli ultimi, Dio/Uomo tra gli uomini. E basta. Tutto il contorno, consumistico e sfrenato, davanti a questo Evento sfuma da solo, senza bisogno di puntare il dito ogni anno. 

Il Natale, col suo silenzio, è più forte di qualunque fracasso consumistico, non c'è bisogno di difenderlo, va solo assaporato.

E' l'Amore in mezzo a noi. Cos'altro può servire?

Buon Natale a tutti voi!

martedì 24 settembre 2019

Greta e gli "adulti"

Ho ascoltato il discorso di Greta Thunberg alle Nazioni Unite. E' ineccepibile, dal mio punto di vista. Così come sono ineccepibili la sua rabbia e la sua delusione.

Poi ho letto i commenti qui su Facebook, e ci ho trovato una discarica di odio, di livore, di (brutto) sarcasmo, di indifferenza, di presunta superiorità. Guarda caso, quasi tutti commenti da parte di adulti, trentenni, quarantenni, cinquantenni.

Ora io vi chiedo... ma voi, a 16 anni, cosa stavate facendo? Come vi spendevate per rendere il mondo migliore? Cosa avete fatto, a 16 anni, per arrogarvi ora il diritto di insultare, sbeffeggiare o liquidare con sufficienza una come Greta? Cosa diavolo stavate facendo per migliorare il mondo?
Io me li ricordo, i miei 16 anni. Leggevo Tolkien, giocavo alle avventure grafiche della Lucas e ascoltavo i Dire Straits. Non penso di aver fatto granché, all'epoca, per migliorare il pianeta, ma certamente non mi permetto ora di criticare chi i suoi 16 anni li sta spendendo per gridare ai "potenti" che è ora di darsi una svegliata. 

Prima che sia troppo tardi. Ammesso che non lo sia già.